Educazione interculturale
Dal rispetto delle diversità all'arricchimento reciproco
Anno di pubblicazione: 2001
EDUCAZIONE INTERCULTURALE : dal rispetto delle diversità all'arricchimento reciproco - Sergio Capozzoli Ed., Salerno 2001
Nel novembre 2000, grazie a un finanziamento della Regione Campania (Osservatorio Regionale del Volontariato - L.R. 9/93), l'Associazione ha organizzato a Salerno un corso di formazione sui giochi interculturali condotto da Sigrid Loos e Karim Metref; il corso, inserito all'interno di un progetto destinato a docenti e operatori del volontariato che agiscono in ambito educativo sul territorio, era finalizzato alla realizzazione di specifici percorsi didattici ispirati ai giochi interculturali, modulati sulla base delle specifiche realtà scolastiche e sociali in cui i destinatari si trovavano ad operare.
Il percorso realizzato con i relativi materiali è stato raccolto in una pubblicazione con l'intento di fornire - attraverso la ricostruzione delle attività svolte - un contributo alla conoscenza e alla diffusione di questa e di altre esperienze educative realizzate dall' Associazione nella nostra provincia, esperienze ispirate – nei contenuti e nelle metodologie - all' intercultura e alla nonviolenza.
Si tratta di percorsi innovativi in cui i giochi cooperativi /interculturali - piuttosto che come fatto occasionale e di puro divertimento- vengono proposti con una finalità decisamente pedagogica : educare all'incontro con l'altro.
A partire dalle modalità di gioco sperimentate con gli esperti S. Loos e K. Metref, i docenti/operatori coinvolti nel progetto hanno definito i contesti formativi (scuola, centri di aggregazione, quartieri) in cui inserire i giochi, ipotizzando dei possibili percorsi.
Si trattava di andare a osservare “il funzionamento” di questi giochi in diversi contesti e con diverse fasce di età, verificandone il grado di accettazione da parte di bambini e ragazzi e l’efficacia, ossia l’entità della ricaduta formativa nonviolenta, anche in relazione al fattore tempo, trattandosi di interventi non episodici, ma continui ed organici.
Anche in fase di progettazione si è fatto ricorso a modalità esperienziali e interattive, come il brainstorming (= raccolta di idee espresse spontaneamente e senza un ordine prestabilito, che vengono trascritte senza censure, né giudizi di valore; le proposte avanzate ne stimolano altre, in una sorta di reazione a catena delle idee).
Con questa tecnica, docenti e operatori sociali - coordinati da formatori dell'associazione - hanno prodotto, dettagliando obiettivi, modalità e strumenti, le mappe dei diversi percorsi, qui di seguito riportati, così come proposti dai gruppi di lavoro.
IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA
- Contrastare l’emarginazione, l’aggressività e l’isolamento di alcuni ragazzi
- Superare la non-conoscenza di sé e degli altri (vicini e lontani)
- Sviluppare l’interiorizzazione delle regole
- Dimostrare quale ricaduta possa avere la pedagogia del gioco interculturale nella realtà scolastica e associazionistica
OBIETTIVI
- Creare un clima scolastico accettante
- Suscitare empatia con la classe
- Gestire situazioni conflittuali
- Riprendere l’attenzione
- Stimolare le attività motorie (aspetto ludico)
- Educare all’ascolto
- Far interiorizzare le regole
- Ampliare i contenuti (inter)disciplinari in senso interculturale
· MODALITA'
- Nella programmazione curricolare (ad esempio per le lingue straniere lo spelling dei nomi)
- Nei momenti di pausa, tensione e conflitto, per riprendere l'attenzione
- Quale attività interdisciplinare
- Nelle fasi di accoglienza iniziale e continua
· STRUMENTI
- Il dopo-gioco : far esplicitare ai ragazzi sentimenti, reazioni, stati d'animo, provocati dalle attività svolte, nonché il significato dei giochi proposti
- Indagine : Come giochi tu? Con che cosa giochi?
Come giocavano i tuoi ?
Sai inventare dei giochi?
· VERIFICA
- L'albero dei sentimenti: esprimere il proprio stato d'animo identificandosi con un'immagine ( vedi sezione STRUMENTI)
- Il rullo della memoria : i ragazzi riportano dopo ogni incontro sotto forma di disegni, slogan o brevi frasi, le loro sensazioni e osservazioni su di un lungo rotolo di carta che, srotolato alla fine del percorso, ne rappresenta la memoria storica.
Dopo aver identificato gli elementi comuni del progetto si è passati - in sottogruppi - a differenziare e a modulare gli interventi in relazione alle diverse situazioni
- I GIOCHI INTERCULTURALI nella scuola elementare
ACCOGLIENZA PER TUTTO L’ANNO : l’intercultura attraverso il gioco
OBIETTIVI
1° ciclo
- conoscenza di sé e dell’altro
- rispetto e valorizzazione della diversità
- cooperazione e fiducia
- educazione all’ascolto e alla comunicazione
2° ciclo
- ampliamento dei contenuti interdisciplinari in senso interculturale
- ricerca degli elementi culturali comuni
METODOLOGIA : animazione e laboratori
- I GIOCHI INTERCULTURALI nella scuola secondaria
DOVE |
QUANDO collocazione oraria |
CHE COSA attività |
TEMPO PROLUNGATO |
compresenze |
-giochi cooperativi -giochi tradizionali (torneo dell’amicizia) |
SCUOLA MEDIA TEMPO PROLUNGATO |
interscuola e compresenze |
- dalla competizione alla cooperazione - le regole nel gioco - giochi per fare il gruppo |
SCUOLA MEDIA |
attività curricolare |
- giochi per imparare - incontro di generazioni - inventare/modificare giochi |
SCUOLA MEDIA |
primo periodo dell’anno scolastico |
-giochi di conoscenza -giochi di accettazione e di relazione -realizzazione di pubblicità progresso |
ISTITUTO MAGISTRALE di SALERNO |
attività extracurricolare |
- giochi di conoscenza e percezione - giochi cooperativi - attività di negoziazione - "esercizi" di legalità |
LICEO SCIENTIFICO |
attività curricolare e nelle ore di supplenza |
giochi per - favorire la comunicazione - l’analisi e il superamento di situazioni di conflitto - far emergere gli stereotipi |
- IL LESSICO INTERCULTURALE
Sigrid Loos
Con multi o pluriculturale indichiamo una situazione in cui gruppi culturali diversi coesistono l'uno accanto all'altro senza necessariamente interagire tra di loro.
Con intercultura intendiamo invece una situazione dove gente di cultura diversa interagisce o un'attività che richiede tale interazione (A. Durino Allegra, Verso una scuola interculturale, La Nuova Italia, Firenze,1993, pag.17).
La distinzione tra il multi e l'interculturale si gioca soprattutto a due livelli; la prima distinzione riguarda la diversa "intenzionalità", la seconda riguarda il diverso modo di impostare il rapporto delle culture tra loro.
Secondo la prima distinzione, l'educazione, che assume una prospettiva multiculturale considera la coabitazione delle differenze etniche, culturali e religiose, che si è venuta a creare anche in Italia come un processo storico naturale spontaneo di cui si prende atto, cercando di adattarvi la sua proposta educativa. Adattarsi, in tal senso, significa limitare i danni su di sé e sugli altri.
Invece l'educatore che assume un atteggiamento di interculturalità passa dal multiculturale all'interculturale quando su quel processo costruisce un progetto educativo intenzionale, cioè compie una scelta.
Pertanto : interculturalità = processo + progetto.
Riguardo la seconda distinzione, quando parliamo di multi- e inter- , intendiamo più culture che vengono a contatto e che interagiscono tra loro; ma la differenza sta nell'impostazione del rapporto tra queste diverse culture. L'educatore multiculturale imposta fra culture diverse un rapporto di tipo oggettuale (cioè la cultura altra viene collocata nell'asse degli oggetti da esplorare, è una cultura in più da approfondire), di tipo estrinseco, cumulativo (perché parte dalla precomprensione sbagliata secondo cui l'educazione interculturale si configura come rigonfiamento dell'oggetto addizionando e giustapponendo le cose da fare) ed enciclopedico, cioè tutto giocato sull'oggetto dello studio, sulla materia. Invece l'atteggiamento interculturale non riduce l'altra cultura a un oggetto di studio in più, ma punta sull'ordinarietà arricchita da altri punti di vista che mutua di volta in volta dalla cultura.
Pertanto l'interculturalità non è lo studio di un oggetto in più, e non deve essere pensata come una meccanica dell'assemblaggio di pezzi presi da culture diverse e incollati tra loro secondo il criterio di mobili componibili (Antonio Nanni, L'educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna, 1998).
LA PEDAGOGIA INTERCULTURALE
La pedagogia interculturale è il modo di integrare gli obiettivi dell'interculturalità nell'educazione e nell'insegnamento in generale, non sotto forma di una materia specifica con la sua pedagogia speciale, ma aggiungendo agli obiettivi principali della pedagogia generale i suoi obiettivi specifici. Anche se questa pedagogia non ha preso una forma definitiva e "aspetta ancora il suo Rousseau", possiamo essere ormai sicuri che tutto il lavoro di ricerca, le esperienze e le direttive delle strutture nazionali e sovranazionali, intorno a questa problematica, sono segni preliminari dell'imminente creazione della pedagogia del futuro.
- Il gioco : una cosa seria
Lucia Ginevra
Se provassimo a giocare alle “associazioni”, alla parola gioco per lo più risponderemmo, con un po' di nostalgia, infanzia, bambini, divertimento, spensieratezza, ma anche gara, partita, competizione, vincere, perdere, magari pensando alla squadra del cuore o alla schedina appena giocata.
Strano termine, dunque, la parola gioco; da bambini è una delle prime che impariamo a capire e ad usare, da adulti ci accompagna con accezioni diverse e non sempre positive. In ogni caso però il gioco è visto come evasione, fuga, altro rispetto alla realtà, al lato serio della vita. Anche questo ci viene inculcato molto presto. A chi non è capitato di sentir dire - parlando di un bambino - Che sta facendo? NIENTE, sta giocando, oppure: Perde tempo, pensa solo a giocare!
Eppure pedagogisti, psicologi, studiosi dell'apprendimento in genere sono d'accordo: nell'età infantile il gioco è fondamentale per un equilibrato ed armonico sviluppo della personalità. Rappresenta la modalità naturale con cui il bambino conosce, sperimenta, impara. Attraverso il gioco il bambino procede all'affermazione del sé e si relaziona al mondo che lo circonda. Dando libero sfogo alla fantasia e alla creatività esprime desideri, paure, angosce, aspettative, e al tempo stesso impara a rapportarsi agli altri, acquisisce la dimensione spaziale e temporale, si abitua al rispetto delle regole, sia quelle preesistenti sia quelle che egli stesso sente la necessità di stabilire di volta in volta.
Decalogo del gioco |
Le richieste dell’IPA (International Playground Association) 1.I bambini hanno bisogno di spazio per giocare 2.Ridurre e rallentare il traffico 3.I bambini hanno bisogno di tempo per giocare 4.I bambini hanno bisogno di materiali per giocare 5.I bambini hanno bisogno di compagni di gioco 6.Niente contro televisione e media, ma: c’è bisogno di sufficienti e attraenti alternative 7.La promozione del gioco è anche una questione ambientale 8.“Giocare in città” è cosa che interessa la politica per bambini, famiglie, istituzioni cultura e ambiente contemporaneamente 9.Lo spazio- gioco città: tutta la città deve essere campo per giochi 10.Giocare fa bene a tutti: mette insieme persone, cultura e generazioni diverse.
Tratto dalla rivista "école" |
I giochi cooperativi
La moderna società adulto-tecnologico-consumatrice ha defraudato l’infanzia del suo diritto al gioco libero e spontaneo imponendole modalità e modelli propri.
E’ passato molto tempo da quando la strada era il luogo dove si potevano acquisire le abilità fisiche e relazionali, nei cortili con compagni delle più diverse età, in un apprendimento reciproco attraverso un gioco prevalentemente autorganizzato. Oggi invece le città offrono sempre meno spazio ai bambini per giocare in modo autonomo, con la conseguenza che sono sempre più numerose le ore passate dai bambini davanti ai televisori o ai computer. “Solitudine e una crescente incapacità di relazioni abbinate ai disturbi psico-motori sono i ben noti risultati” (S.Loos, 101 giochi cooperativi, pag.17), e non solo perché la società occidentale ha affermato un bagaglio culturale basato su giochi altamente competitivi, riflesso di una struttura fortemente generalizzata e altamente competitiva nei rapporti.
Società non occidentali invece – come i Semai della Malesia o gli Hopi in America – affondano le loro radici culturali in modi di vivere che rafforzano le scelte nonviolente, anche perché attraverso la cooperazione – a cominciare dal gioco – “le persone giocano insieme e non contro gli altri, giocano per superare una sfida con se stessi e non per vincere l’altro a tutti i costi. La struttura di tali giochi permette di sentirsi liberi e di vivere questa esperienza in modo divertente. I giochi sono strutturati in modo che tutti debbono collaborare per raggiungere una meta collettiva. Nello stesso tempo si impara in modo divertente a rapportarsi con maggior riguardo e ad accettarsi reciprocamente nel proprio modo di vivere” (S. Loos, I giochi cooperativi, in "Mosaico di pace", maggio 1998, pag.13). E’ così strutturato che il gioco diventa “uno dei sistemi più efficaci per lavorare al riconoscimento e alla denuncia degli stereotipi e dei pregiudizi, spesso assai difficili da rimuovere a “colpi” di informazione e di conoscenze” (D’Andretta, Il gioco nella didattica interculturale, pagg.24-25).
I giochi nella didattica interculturale
E allargando la dimensione del rapporto con l’altro alle culture altre, il gioco è anche uno strumento “economico” per ridimensionare l’etnocentrismo della nostra visione pedagogica, occasione per individuare e vivere le connotazioni più autentiche delle diverse culture: esso permette di entrare nelle regole di una società, capirne i significati delle azioni, sperimentare il gusto dello stare insieme, scoprire la varietà dei ruoli e delle funzioni sociali (cfr. F.Rizzi, in P.Mariotti, Il mondo in gioco, EGA, pag.17)
Qui è più opportuno sottolineare un altro cambiamento nell’approccio al gioco che, pur se poco evidente, sta avendo esiti sempre più significativi e dirompenti per chi cerca di sperimentare modelli pedagogici non violenti e antiautoritari.
Il gioco e gli adulti
La premessa indispensabile è la convinzione ormai diffusa che la formazione debba essere permanente e che l’adultità non è un punto di arrivo anagraficamente determinabile, ma piuttosto un processo in fieri che accompagna l’individuo per tutta la durata della sua vita e che per essere consapevole e costruttivo deve passare attraverso la disponibilità a mettersi continuamente in discussione, attraverso la rivisitazione del proprio modo di essere, di pensare, di agire. E’ un impegno non facile e non sempre indolore, ma che porta ad esiti senz'altro positivi e gratificanti.
In questa ottica, a partire dagli anni ottanta, prima nei movimenti pacifisti e nonviolenti, poi in sempre più numerosi gruppi e associazioni con finalità diverse, ma comunque impegnate sul fronte del rinnovamento sociale, viene utilizzato il gioco (opportunamente strutturato), che - in laboratori esperienziali per piccoli gruppi - consente ai partecipanti di sperimentare in una situazione protetta, comportamenti, emozioni, sentimenti, reazioni in modo divertente e solo apparentemente poco impegnativo.
E’ quindi evidente la valenza formativa del gioco anche per gli adulti, soprattutto quando, in qualità di educatori, formali o informali, avvertono la necessità di migliorare la qualità del proprio intervento non solo acquisendo nuovi strumenti tecnici o metodologici, ma soprattutto imparando a coltivare accanto alla sfera cognitiva anche quella emotiva, in modo da essere poi in grado di aiutare gli altri a fare lo stesso.
Ormai nei percorsi educativi proposti sia nella scuola sia in altri ambiti - associazionismo, volontariato, organismi di cooperazione - irrompono con urgenza nuove problematiche, quali razzismo, xenofobia, diritti umani, educazione alla legalità, allo sviluppo, alla mondialità, intercultura. E' apparso ben presto evidente che tali tematiche richiedono un approccio partecipativo e non una trattazione cattedratica e nozionistica, il che implica che non si può prescindere dall’approfondire le modalità della comunicazione interpersonale, le dinamiche di gruppo, il riconoscimento dello stereotipo e del pregiudizio nella quotidianità, il modo di affrontare e gestire le situazioni conflittuali.
Vale a dire che non è più sufficiente l’ampliamento delle conoscenze e delle informazioni, che non va certo tralasciato o sottovalutato, ma è necessaria in modo prioritario una riflessione sulle modalità secondo le quali i processi educativi si strutturano e si concretizzano anzitutto come rapporti interpersonali.
Il gioco interattivo fornisce uno strumento prezioso perché consente, sul campo, la presa di coscienza di realtà comportamentali proprie ed altrui, cosa difficilmente raggiungibile con il ragionamento o la sola teoria.
Attraverso il gioco ci si può misurare con scenari imprevedibili e, utilizzando linguaggi insoliti, per lo più analogici, quali il movimento, il mimo, il disegno... si arriva ad esprimere sentimenti, emozioni, idee che altrimenti difficilmente avrebbero la possibilità di emergere.
Il dopogioco
Va subito sottolineato a chiare lettere che il gioco si completa e acquista significato nel "dopogioco", che rappresenta il momento di rielaborazione cognitiva di quanto nel corso del gioco si è vissuto in maniera spontanea ed immediata. E' in questo insieme che il gioco si trasforma da semplice attività ludica in occasione di crescita e di formazione. E' quasi superfluo aggiungere che il dopogioco è un momento molto delicato che implica competenze specifiche, la cui acquisizione richiede più che mai un processo permanente di formazione.
Bisogna continuare ad educarsi per poter educare, a formarsi per poter formare.
Se non si vuole banalizzare la pratica del gioco a semplice attività di animazione o di ricreazione, nei laboratori esperienziali con le finalità sin qui indicate, bisogna tener ben presente che si tratta di una strumento solo apparentemente facile, che per essere utilizzato adeguatamente richiede convinzione e adeguata preparazione.
Infine è opportuno precisare che la sua valenza formativa sta anche nel fatto che le ricadute più significative sono talvolta impreviste, diverse per ognuno e spesso verificabili solo a distanza, come scoprirà via via chi partecipa al gioco, ma come deve ben sapere chi nel gioco ha il ruolo di conduttore. Questi deve essere in grado di calibrare i giochi a seconda del contesto, delle finalità, delle caratteristiche del gruppo che interagisce , senza lasciar spazio né all'occasionalità delle scelte né ad uno schematismo troppo vincolante, sempre nel rispetto del gruppo nel suo insieme e di ogni partecipante nella sua individualità, ma soprattutto deve essere disponibile a mettersi egli stesso ogni volta in gioco.
Ed ora facciamo finalmente una cosa seria: cominciamo a giocare.
ESPERIENZE nelle scuole
Scuola Media “M.Ripa” di Eboli
Scuola Media Statale di Controne
Scuola Media "Torrione Alto" - Salerno
Scuola Media "Alfonso Fresa" di Nocera Superiore
II Circolo Didattico - Pontecagnano
Liceo Scientifico “A. Gallotta” - Eboli
Istituto Magistrale “Regina Margherita” di Salerno
Animazione nei contesti informali
BIBLIOGRAFIA RAGIONATA
Proponiamo un elenco di pubblicazioni – e per alcune di esse brevi note esplicative – suddivise per temi, per aiutare il lettore ad orientarsi e ad approfondire tematiche strettamente legate alla pratica dei giochi.
Il percorso che l’Associazione ha fatto su questi temi ha preso il via proprio da alcune letture “illuminanti”……….
I libri contrassegnati dall’asterisco sono reperibili presso la Biblioteca dell'Associazione.
INTERCULTURA
AA.VV., L’educazione all’intercultura. Premesse e sperimentazioni, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1995
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EDUCAZIONE ALLA PACE
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AA.VV. LA RETE DI LILLIPUT Alleanze, obiettivi, strategie, Emi , 2001 François HOUTART, Maurizio MELONI, Riccardo PETRELLA, Christophe VENTURA, Alex ZANOTELLI...
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Bosio R. – George S., VERSO L`ALTERNATIVA - Intervista a SUSAN GEORGE, EMI, 2001
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