Giochi

Perché ricorrere  ai giochi, un’attività che a noi adulti di primo acchito fa pensare a una specie di regressione ai tempi dell’infanzia?

I giochi offrono in realtà la possibilità di portare al centro in maniera irriflessa i propri bisogni e i propri sentimenti, di agire in maniera autodeterminata e di sperimentare- senza timori - le conseguenze del proprio agire; consentono di dare libero sfogo alla fantasia e alla creatività, permettendoci di esprimere – in un ambiente protetto – desideri, aspettative, paure, ma allo stesso tempo ci insegnano il rapporto con gli altri, il rispetto delle regole. 

Ogni gioco, del resto, ha delle regole; e giocare fa bene a tutti; mette insieme persone, culture e generazioni diverse. Ed in particolare i giochi di tipo cooperativo, che l’educazione alla pace ha ripreso fra l’altro da società non occidentali, affondano le loro radici culturali in modi di vivere nonviolenti: attraverso la cooperazione le persone giocano insieme, e non contro gli altri; giocano per superare una sfida con se stessi, e non per vincere l’altro a tutti i costi. La struttura dei giochi cooperativi permette di sentirsi liberi e di divertirsi nel collaborare per raggiungere una meta collettiva in quanto al loro interno non vi è esclusione: tutti rimangono sempre nel gioco, e la dinamicità è garantita dai cambi di ruolo. Si possono usare due tipi di gioco: quelli di puro divertimento, che seppure movimentati e vivaci, conducono i “giocatori” allo stare insieme in modo non competitivo, e quelli incentrati sulla conoscenza reciproca e sulla libera espressione di sé.

Grazie a questi giochi si impara in maniera divertente a rapportarsi con maggior riguardo verso l’altro e ad accettarsi reciprocamente per come si è. Per questo, il gioco diventa uno dei sistemi più efficaci per lavorare sullo smascheramento degli stereotipi e dei pregiudizi, difficili da rimuovere con la sola “teoria” (vedi D’Andretta “Il gioco nella didattica interculturale” – EMI). Molto utile diventa il gioco nella didattica interculturale, poiché ci serve a ridimensionare l’etnocentrismo della nostra visione pedagogica, permettendoci di entrare nelle regole, nei ruoli e nelle funzioni sociali delle altre società.

Spesso  al gioco viene fatto seguire una fase di debriefing o  dopogioco, che consente il passaggio alla realtà attraverso l’ analisi di ciò che è accaduto nel gioco stesso e dei comportamenti o delle reazioni  di ciascuno. Il dopogioco  aiuta in altre parole le persone a leggere in se stesse e a riflettere sugli stati emotivi  attraverso domande del tipo: “Come ti sei sentito a… / nei panni di …?”

Perché è utile il gioco in un’attività di educazione alla pace che abbia come obiettivi:  la gestione positiva dei conflitti;  la capacità di trovare le giuste distanze;  la capacità di lavorare insieme;  la capacità di gestire la propria affettività; il riconoscimento di sé e degli altri (il tema della diversità)?

Perché il gioco può: coinvolgerci a livello emotivo e cognitivo;  farci sperimentare situazioni nuove che non oseremmo provare mai nella realtà;   aiutarci a capire, diventando così strumento di conoscenza, di scambio di opinioni, o di verifica;   essere strumento di conoscenza reciproca per creare un giusto clima socio-affettivo in un gruppo.